mardi 20 février 2024

Luigi II di Baviera. La fine d'un re pazzo. Un articolo dell'Illustrazione popolare.



LA FINE D’ UN RE PAZZO (L'Illustrazione popolare del 27 di giugno 1886)

Il 13 giugno, re Luigi II di Baviera finiva la sua vita annegandosi. Avendo egli dati segni ripetuti di pazzia, lo avevano il giorno prima costretto a lasciare libero il trono. Ed egli si risolse di troncare l’esistenza triste di re decaduto e prigioniero, gettandosi nel lago di Starnberg.

Luigi II aveva poco più di quarantanni. Era salito sul trono vent’anni fa. Era figlio d’una principessa di Prussia, e di quel Massimiliano II che fu a vicenda principe liberale e dispotico, discepolo fanatico del filosofo Schelling, e autore lui stesso di una confutazione del sistema di Hegel, molto erudita, ma alquanto sconclusionata. Nel padre c’era in germe la malattia mentale che doveva svilupparsi nel figlio.

Tuttavia ne’ suoi primi anni di regno, nulla faceva credere a un avvenire così doloroso. Re Luigi era mite, colto, eccellente musicista, protettore di tutte le arti; si diceva persino che egli dovesse far rivivere nella sua capitale, già detta la Nuova Atene, il tempo di Pericle!...

E i buoni Bavaresi, questi pacifici adoraratori della buona birra, si gloriavano del loro principe, e diventavano con lui amanti delle arti e del sapere.

Era anche un bell’uomo. Alto di statura, vigoroso, con un viso dai tratti regolari, rischiarato da grandi occhi azzurri, d’un azzurro particolare ai laghi molto calmi e molto profondi. Pareva una delle figure leggendarie della poesia tedesca.

La sua giovinezza trascorse in uno dei luoghi più romantici della sua Baviera: nel castello di Hohenschwangau, perduto in mezzo a folti boschi, vicino a laghi pieni di mistero, che la poesia e la tradizione popola¬ rono di fantasmi paurosi, di romanzesche leggende ; fu quivi forse, che si modellò quel suo carattere melanconico, di annoiato e di sognatore.

Il mondo egli 1’ ha sempre odiato.... Solo una volta, vinse la sua incipiente misantropia, nel 1867, quando si recò all’Esposizione universale di Parigi.

Si racconta che egli rimanesse estraneo alla magnificenza degli spettacoli parigini, e solo una donna avesse attirato la sua attenzione e ferito il suo cuore : l'imperatrice Eugenia, oggi un’altra sventurata del trono. La bella imperatrice non s’accorse, o finse di non accorgersi, della passione di questo re poco più che ventenne, lo trattò da fanciullo, e lo congedò con un bacio materno sulla fronte.

C’è chi dice che questa fredda accoglienza abbia avuto grande importanza per le sorti della Francia. Essa avrebbe deciso il re Luigi, tre anni dopo, ad entrare nella coalizione tedesca.

Ma in quanto agli amori di Luigi II se ne sa poco o nulla; egli era taciturno più di Guglielmo d’Orange. Un solo amore forte, potente avrebbe riempito tutto l’animo suo: la musica e più specialmente la musica di Wagner. Ci sarebbe da riempire dei volumi del suo regale fanatismo per Wagner. Da una diecina d’anni se ne è parlato tanto, e con esagerazione.

Il wagnerismo non fu che una delle sue manìe, alla quale accoppiò l’amore per la solitudine.

È noto come egli facesse rappresentare per se solo i capolavori del suo idolo musicale!

Una volta tuttavia si credette che egli si fosse deciso ad abbandonare la selvatichezza abituale. Fece annunciare che andrebbe a Bayreuth ad assistere alla prima rappresentazione d’una nuova opera di Riccardo Wagner — il Parsifal. La città si pavesò a festa per riceverlo: addobbi ai balconi, archi di trionfi, pennoni e bandiere in tutte le strade. I notabili della città in commissione, un gruppo di belle fanciulle bianco vestite, con un mazzo di fiori, cittadini in folla vanno alla stazione ad aspettarlo; il telegrafo annuncia l’avvicinarsi del treno reale; il treno arriva, il re non c’ è. Disceso a qualche chilometro prima di Bayreuth, s’era fatto condurre in vettura chiusa alla cisa di Wagner.

Ed ecco insorgere una grave difficoltà. Sua Maestà dichiara che vuol assistere solo soletto alla prima rappresentazione dell’opera.

Ma ciò è impossibile : tutti i posti sono già venduti.... si prega, si supplica, e alla fine si viene a una transazione. Il re assi¬ sterà alla rappresentazione, col pubblico, ma la sala resterà completamente al buio.

E così fu fatto.

Alle volte Re Luigi si divertì a fare delle sparizioni nè più nè meno come il celebre Arun el-Rascid delle novelle indiane. I suoi fidi hanno passato delle ore e dei giorni in vere ansie per lui.

Per settimane intere non si sa dove si trovi, lo si cerca, si fa lavorare il telegrafo, si teme per lui qualche disgrazia.... ed egli se ne vive traquillamente a Parigi, a Venezia, o nella Svizzera, nel più stretto in¬ cognito.

La pazzia di re Luigi era quella di un uomo di fantasia, che ha bisogno di vivere in un mondo lontano dal nostro, nelle fantastiche regioni dei sogni.

Nei suoi numerosi castelli possedeva dei giardini pensili, con dei veri laghi, rischiarati da una luna e da stelle artificiali, nei quali si faceva condurre in una barchetta guidata da cigni, colla fronte cinta da un serto luminoso, simile all’aurec la dei santi. Egli, vero principe, viveva come i principi falsi del palcoscenico e dei racconti di fate.

Una delle ultime sue follìe fu di fabbricarsi una residenza che superi quanto vi ha di più straordinario nei castelli incantati dei racconti orientali.

Questo palazzo rimasto incompiuto, ha già costato — a quanto assicurano — la bellezza di una ventina di milioni: vi sono scale d’oro massiccio, stanze tappezzate di stoffe scintillanti, mobili di una sorprendente finitezza artistica con incastonate pietre preziose.

Un meccanismo, simile a quello dei grandi teatri, doveva permettere le più meravigliose trasformazioni; toccando un bottone, i soffitti dovevano levarsi e cambiarsi a volontà, ogni appartamento avrebbe avuto il suo giardino e il suo laghetto ...

Ma questa bizzarra costruzione che un matto ideò, resterà incompleta, come tutte le idee dei matti. Tuttavia, non fu la volontà di vederla compiuta che gli mancò ; fu il denaro.

Non è da sorprendersi che così folli prodigalità dovessero condurlo a quel disastro finanziario, di cui s’è fatto un gran parlare alcuni mesi or sono, senza il quale forse non si sarebbe giunti a prendere la grave decisione di strappargli dal capo la corona, e di fargli firmare, a suo malgrado, la propria condanna.

Non ostante tante follìe — per cui nel volgo, era negli ultimi tempi, considerato un’anima perduta, un mago evocante nella notte gli spiriti dei trapassati ed i demoni — la Baviera assisteva con tristezza a tale precoce tramonto del suore.

Durante il suo regno egli ha avuto un momento sublime di lucidità ed abnegazione, quando spontaneamente firmò il trattato che univa il suo regno al grande Impero Germanico, sacrificanlo così gli interessi suoi e della dinastia, all’unità e alla grandezza della nazione tedesca.

A. T


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