mardi 20 février 2024

Luigi II di Baviera. La fine d'un re pazzo. Un articolo dell'Illustrazione popolare.



LA FINE D’ UN RE PAZZO (L'Illustrazione popolare del 27 di giugno 1886)

Il 13 giugno, re Luigi II di Baviera finiva la sua vita annegandosi. Avendo egli dati segni ripetuti di pazzia, lo avevano il giorno prima costretto a lasciare libero il trono. Ed egli si risolse di troncare l’esistenza triste di re decaduto e prigioniero, gettandosi nel lago di Starnberg.

Luigi II aveva poco più di quarantanni. Era salito sul trono vent’anni fa. Era figlio d’una principessa di Prussia, e di quel Massimiliano II che fu a vicenda principe liberale e dispotico, discepolo fanatico del filosofo Schelling, e autore lui stesso di una confutazione del sistema di Hegel, molto erudita, ma alquanto sconclusionata. Nel padre c’era in germe la malattia mentale che doveva svilupparsi nel figlio.

Tuttavia ne’ suoi primi anni di regno, nulla faceva credere a un avvenire così doloroso. Re Luigi era mite, colto, eccellente musicista, protettore di tutte le arti; si diceva persino che egli dovesse far rivivere nella sua capitale, già detta la Nuova Atene, il tempo di Pericle!...

E i buoni Bavaresi, questi pacifici adoraratori della buona birra, si gloriavano del loro principe, e diventavano con lui amanti delle arti e del sapere.

Era anche un bell’uomo. Alto di statura, vigoroso, con un viso dai tratti regolari, rischiarato da grandi occhi azzurri, d’un azzurro particolare ai laghi molto calmi e molto profondi. Pareva una delle figure leggendarie della poesia tedesca.

La sua giovinezza trascorse in uno dei luoghi più romantici della sua Baviera: nel castello di Hohenschwangau, perduto in mezzo a folti boschi, vicino a laghi pieni di mistero, che la poesia e la tradizione popola¬ rono di fantasmi paurosi, di romanzesche leggende ; fu quivi forse, che si modellò quel suo carattere melanconico, di annoiato e di sognatore.

Il mondo egli 1’ ha sempre odiato.... Solo una volta, vinse la sua incipiente misantropia, nel 1867, quando si recò all’Esposizione universale di Parigi.

Si racconta che egli rimanesse estraneo alla magnificenza degli spettacoli parigini, e solo una donna avesse attirato la sua attenzione e ferito il suo cuore : l'imperatrice Eugenia, oggi un’altra sventurata del trono. La bella imperatrice non s’accorse, o finse di non accorgersi, della passione di questo re poco più che ventenne, lo trattò da fanciullo, e lo congedò con un bacio materno sulla fronte.

C’è chi dice che questa fredda accoglienza abbia avuto grande importanza per le sorti della Francia. Essa avrebbe deciso il re Luigi, tre anni dopo, ad entrare nella coalizione tedesca.

Ma in quanto agli amori di Luigi II se ne sa poco o nulla; egli era taciturno più di Guglielmo d’Orange. Un solo amore forte, potente avrebbe riempito tutto l’animo suo: la musica e più specialmente la musica di Wagner. Ci sarebbe da riempire dei volumi del suo regale fanatismo per Wagner. Da una diecina d’anni se ne è parlato tanto, e con esagerazione.

Il wagnerismo non fu che una delle sue manìe, alla quale accoppiò l’amore per la solitudine.

È noto come egli facesse rappresentare per se solo i capolavori del suo idolo musicale!

Una volta tuttavia si credette che egli si fosse deciso ad abbandonare la selvatichezza abituale. Fece annunciare che andrebbe a Bayreuth ad assistere alla prima rappresentazione d’una nuova opera di Riccardo Wagner — il Parsifal. La città si pavesò a festa per riceverlo: addobbi ai balconi, archi di trionfi, pennoni e bandiere in tutte le strade. I notabili della città in commissione, un gruppo di belle fanciulle bianco vestite, con un mazzo di fiori, cittadini in folla vanno alla stazione ad aspettarlo; il telegrafo annuncia l’avvicinarsi del treno reale; il treno arriva, il re non c’ è. Disceso a qualche chilometro prima di Bayreuth, s’era fatto condurre in vettura chiusa alla cisa di Wagner.

Ed ecco insorgere una grave difficoltà. Sua Maestà dichiara che vuol assistere solo soletto alla prima rappresentazione dell’opera.

Ma ciò è impossibile : tutti i posti sono già venduti.... si prega, si supplica, e alla fine si viene a una transazione. Il re assi¬ sterà alla rappresentazione, col pubblico, ma la sala resterà completamente al buio.

E così fu fatto.

Alle volte Re Luigi si divertì a fare delle sparizioni nè più nè meno come il celebre Arun el-Rascid delle novelle indiane. I suoi fidi hanno passato delle ore e dei giorni in vere ansie per lui.

Per settimane intere non si sa dove si trovi, lo si cerca, si fa lavorare il telegrafo, si teme per lui qualche disgrazia.... ed egli se ne vive traquillamente a Parigi, a Venezia, o nella Svizzera, nel più stretto in¬ cognito.

La pazzia di re Luigi era quella di un uomo di fantasia, che ha bisogno di vivere in un mondo lontano dal nostro, nelle fantastiche regioni dei sogni.

Nei suoi numerosi castelli possedeva dei giardini pensili, con dei veri laghi, rischiarati da una luna e da stelle artificiali, nei quali si faceva condurre in una barchetta guidata da cigni, colla fronte cinta da un serto luminoso, simile all’aurec la dei santi. Egli, vero principe, viveva come i principi falsi del palcoscenico e dei racconti di fate.

Una delle ultime sue follìe fu di fabbricarsi una residenza che superi quanto vi ha di più straordinario nei castelli incantati dei racconti orientali.

Questo palazzo rimasto incompiuto, ha già costato — a quanto assicurano — la bellezza di una ventina di milioni: vi sono scale d’oro massiccio, stanze tappezzate di stoffe scintillanti, mobili di una sorprendente finitezza artistica con incastonate pietre preziose.

Un meccanismo, simile a quello dei grandi teatri, doveva permettere le più meravigliose trasformazioni; toccando un bottone, i soffitti dovevano levarsi e cambiarsi a volontà, ogni appartamento avrebbe avuto il suo giardino e il suo laghetto ...

Ma questa bizzarra costruzione che un matto ideò, resterà incompleta, come tutte le idee dei matti. Tuttavia, non fu la volontà di vederla compiuta che gli mancò ; fu il denaro.

Non è da sorprendersi che così folli prodigalità dovessero condurlo a quel disastro finanziario, di cui s’è fatto un gran parlare alcuni mesi or sono, senza il quale forse non si sarebbe giunti a prendere la grave decisione di strappargli dal capo la corona, e di fargli firmare, a suo malgrado, la propria condanna.

Non ostante tante follìe — per cui nel volgo, era negli ultimi tempi, considerato un’anima perduta, un mago evocante nella notte gli spiriti dei trapassati ed i demoni — la Baviera assisteva con tristezza a tale precoce tramonto del suore.

Durante il suo regno egli ha avuto un momento sublime di lucidità ed abnegazione, quando spontaneamente firmò il trattato che univa il suo regno al grande Impero Germanico, sacrificanlo così gli interessi suoi e della dinastia, all’unità e alla grandezza della nazione tedesca.

A. T


lundi 19 février 2024

Tête couronnée, une fantaisie de Jean Lorrain sur l'impératrice Elisabeth d'Autriche

 En 1890, Jean Lorrain (1855-1906) publia dans L'Écho de Paris une série d'articles intitulés Une femme par jour, qu'il signe du pseudonyme Raitif de la Bretonne. Parmi ces portraits, on trouve celui d'une " tête couronnée " qu'il ne nomme pas, mais dans laquelle on reconnaîtra sans peine l'impératrice Élisabeth d'Autriche. Il présente son récit comme un conte ou une légende. Il ne faut y chercher un portrait historique, ce n'en est pas un. C'est un récit fantasmé mais bien informé qui dévie de la réalité et pratique ici et là l'amalgame.

En 1932, les éditions de la Madeleine reprirent certains de ces textes sous le titre Femmes de 1900 (Jean Lorrain. Préface de Paul Morand, notes et commentaires de Pierre-Léon Gauthier. Éditions de la Madeleine, Paris, 1932.)

   Carl Rudolf  Huber- Titania in ihrer wunderbaren Täuschung begriffen

Chambre de l'impératrice à la villa Hermès

Tête couronnée

Elle a quitté Paris avant-hier pour Bordeaux où elle trouvera le yacht qui l’'emmène aujourd'hui sur les côtes d'Espagne ; un simple fiacre l'a conduite de l’hôtel Meurice à la gare, et, tant que le yacht impérial cinglera sur les côtes ibères, elle gardera l'incognito, cette svelte et un peu folle impératrice de Bohème, souveraine à la fois de l'ile de Thulé et des sept vieux châteaux du feu roi de Bavière, ce roi des contes bleus, chimérique et charmant comme un récit de fées écrit par Tennyssen et illustré par Orane. 

Halles au fond des bois, vieux châteaux de Bohème,
Lieds et retours de chasse aux sons lointains du cor ;
Souvenir triste et doux comme un adieu suprême,
Sommets blancs el neigeux que le couchant fait d'or.

Et c’est là toute sa vie, tout son caractère et toute son histoire, à cette impériale toquée, oseuse et fantaisiste à la manière des héroïnes des comédies de Musset et des drames amoureux de Shakespeare. Son mariage, un conte d'amour : A SUMMER NIGHT DREAM, A LOVE AND FAIRY TALE. |

Il était une fois un vieux duc très pauvre, qui vivait retiré dans une forêt obscure, enchevêtrée de ronces et presque impénétrable, au fond d'un très ancien et très vaste château ; ce vieux duc oublié avait dans son trésor trois perles, au gynécée trois filles, en son jardin trois roses.

Trois fils de rois, chassant dans la forêt ducale, entrevirent les filles du vieux seigneur ruiné, filant au rouet, assises à la croisée ouverte ; l'un était roi de Naples, l'autre prince de Gaule, le troisième, un peu cousin du duc, empereur de Bohême.

Et ainsi Elsa, car elle s'appelle Elsa comme la fiancée du chevalier du Cygne et la Sainte de Hongrie du miracle des Roses, devint impératrice de toutes les Bohêmes, en épousant, quoique sans dot, sans état et sans couronne, l'impérial chasseur, son beau-cousin. 

J'avais promis un conte, c'est presque une  ballade, une légende des bords du Rhin.

Dans les Idylles du Roi du poète Tennyssen, les chastes et sveltes héroïnes : Enilde, Geneva, Elaine surgissent nimbées d'or et des lys dans les mains ; dans l’idylle de l'empereur, il pleut mieux que des lys, des pâles edelweiss, la fleur même de neige. 

Neigeuse et pure idylle qui eut un cruel réveil : à la suite de quelle humble déception l'impératrice devint-elle presque folle et cela presque au début de son mariage, bien avant le suicide princier qui ensanglanta, l'autre hiver, le palais impérial, et tout le peuple, et la cour, dans un deuil que nul ne quittera plus jamais.

Ô ces hautaines têtes froides et exaltées, aux yeux clairs et vides de l'aristocratie allemande, quel vent de folie semble depuis dix ans s'être déchaîné en elles. Drames sur catastrophes, suicides sur suicides, dénouements mystérieux : le roi Louis de Bavière, le joli prince de Hesse, évanoui il y a deux ans comme un fantôme, une pâle nuit de novembre, sur la mer brumeuse, à bord de son yacht, enfui par un hublot et jamais retrouvé ; enfin Rudi, notre Rudi, trouvé la tempe fracassée, dans la maison des bois, et, près de lui, la baronne, celle dont on ne prononce plus même le nom là-bas.

Et debout au milieu de tous ces désastres, fauchant autour d'elle fils, neveux et cousins, elle, la douce fiancée aux edelweiss du vieux manoir de la forêt profonde, se révélant tout-à-coup là Waltküre [sic] effrénée de mouvement et d'espace, des opéras de Wagner, et emplissant soudain ses états et l'Europe d’une chevauchée  d’amazones affolées : elle chassait, l’autre hiver, da grouse en Ecosse ; il y a trois ans, elle bondissait, épique silhouette, sa robe noire à toutes les rafales, au bord de l'Océan, éveillait au galop de son cheval l'écho chuchoteur d’histoires du passé des falaises normandes.

Puis d’autres fantaisies... presque de Byzantine et d’Augusta du Bas-Empire cette fois ; un jour elle se déclare l’intime amie d’Elisa, une écuyère, et affiche, devenue alors impératrice de cirque, cette compromettante amitié. L’aristocratie de là-bas, la plus fermée qui soit au monde, s'effarouche et veut faire froide mine ; le lendemain, elle apparaît au bal de la Cour, toute sa chevelure noire étalée sur ses épaules et piquée tout partout d'étoiles de diamants ; coiffure de Titania que les taillis et la rosée nocturne ont décoiffée.

Enfin, cet été, l’ourlet de sa robe de deuil, encore tiède du sang de l'héritier, cette adorable et déroutante reine de fantaisie s’envole incognito vers les rives d’Espagne, tel le sylphe railleur des féeries de Shakespeare. 

« Sur le dos de la chauve-souris je m'envole à la fin de l’été, gaiement. »

Ô têtes folles, ô têtes couronnées.

Certes, si la Folie est une enchanteresse, tous ces principules esclavons et allemands, tous petits Tannhausers captifs de leurs nerfs et de leurs fantaisies, ont entendu le chant de la sirène et, pis, ont pris plaisir à l’écouter… gaiement. 

RAITIF DE LA BRETONNE. 

dimanche 18 février 2024

Grandes maisons d'opéra — Le Teatro Massimo de Palerme. Caractéristiques architecturales. Le fantôme de l'opéra.

Brève histoire du Teatro Massimo Vittorio Emmanuele

Avant même l'unification de l'Italie, on évoquait déjà la nécessité pour Palerme de se doter d'un nouvel opéra, spacieux et moderne. En 1859, la zone de la Piazza Marina fut identifiée comme lieu d'implantation du nouvel édifice, qui devait porter le nom du roi Ferdinand II de Bourbon. Après l'annexion au Royaume d'Italie, le conseil municipal lui préféra la zone de Porta Maqueda et procéda à l'expropriation des terrains où se trouvaient trois églises et autant de monastères : l'église et le monastère des Stigmates, l'église et le monastère de San Giuliano (saint Julien), et l'église de Sant'Agata (Sainte Agathe), construite sur l'emplacement de la maison de Sant'Agata. La tradition veut qu'une religieuse connue sous le nom de "la monachella" (la petite moniale), dont la tombe aurait été profanée pendant les travaux, erre encore dans le théâtre. 

Le 10 septembre 1864, le maire Antonio Starabba, marquis de Rudinì, qui avait succédé à Mariano Stabile, annonça le lancement d'un concours ouvert aux architectes italiens et étrangers pour " pallier l'absence d'un théâtre conforme à la civilisation croissante et aux besoins de la population ".

Afin de limiter les risques de favoritisme, il fut décidé de mettre en place un comité de sélection qui ne comprendrait aucun Sicilien, composé d'un Allemand, d'un Français et d'un Italien. Le grand architecte allemand K. F. Schinkel figurait également sur la liste des membres du jury, mais il ne peut être retenu, pour la simple et bonne raison qu'il était décédé 23 ans plus tôt. Le choix se porta finalement sur l'Allemand Gottfried Semper, concepteur de la Semperoper de Dresde et participant à cette époque la création de la Ringstrasse de Vienne, le Florentin Mariano Falcini et le Palermitain Francesco Saverio Cavallari, archéologue ayant enseigné l'architecture à l'académie de Brera à Milan et au Mexique. La date limite fut fixée au 9 septembre 1866, date ensuite prolongée de six mois pour diverses raisons, "parmi lesquelles, outre l'importance et l'immensité du projet, l'imminence de la guerre [la troisième guerre d'indépendance] à laquelle prendront part des artistes réputés en compétition ". 35 architectes participèrent au concours, dont 12 étrangers.


Le 4 septembre 1868, le jury établit le classement des cinq lauréats et décerna le premier prix à Giovan Battista Filippo Basile, architecte palermitain de renom, tandis que le projet de Giuseppe Damiani Almeyda arrivait en quatrième position. Le maire, Salesio Balsano, prit la peine d'annoncer en personne le résultat du concours à Basile, en y joignant ses félicitations. Une période d'attente s'ensuivit, due également à l'ambiguïté de l'annonce, qui stipulait que les cinq projets gagnants resteraient propriété communale et que, parmi eux, le conseil municipal devrait choisir celui qui serait réalisé. La première pierre fut posée le 12 janvier 1875, jour anniversaire de la révolution sicilienne de 1848, sur la place Giuseppe Verdi, avec la participation de toutes les principales autorités de la ville et un discours du baron Nicolò Turrisi Colonna.

Les travaux furent suspendus en 1878 et reprirent en 1890, dans le but de les achever pour l'Exposition de l'année suivante [Esposizione Nazionale di Palermo (1891-1892)], et confiés à nouveau à Giovan Battista Filippo Basile, qui mourut quelques mois plus tard, le 16 juin 1891. À la demande de la ville de Palerme, son fils Ernesto, lui aussi architecte, accepta de terminer l'œuvre de son père et dessina également les plans nécessaires à la poursuite de la construction du théâtre.

L'inauguration eut lieu le 16 mai 1897. On donna Falstaff de Giuseppe Verdi, un opéra qui n'avait encore jamais été représenté à Palerme, sous la direction de Leopoldo Mugnone. Le prix des billets allait de 80 lires pour les loges du deuxième rang à 3 lires pour la galerie. Au moment de son inauguration, le Teatro Massimo était, avec ses 7730 mètres carrés de surface, le troisième plus grand théâtre d'Europe, après les Opéras de Paris et de Vienne.


Les deux groupes de bronze avec des lions qui flanquent l'escalier majestueux représentent la Tragédie, œuvre de Benedetto Civiletti, et l'Opéra, œuvre de Mario Rutelli, qui est également l'auteur du Quadrige au-dessus du Teatro Politeama Garibaldi, un théâtre de 950 spectateurs, qui fut construit de 1865 à 1891. Au haut de l'escalier, un pronaos à six colonnes corinthiennes accueille le spectateur. La frise au sommet porte l'inscription suivante : "L'art régénère les peuples et en révèle la vie. Stérile le plaisir de la scène s'il n'aspire pas à créer l'avenir".


La coupole qui surmonte la salle, d'un diamètre de 28,73 mètres, est composée d'une structure en fer recouverte d'écailles de bronze, surmontée d'un grand vase également d'inspiration corinthienne. Le buste de Giuseppe Verdi et celui de Giovanni Battista Filippo Basile sont dus à Antonio Ugo, tandis que plusieurs reliefs sculptés sont l'œuvre de Salvatore Valenti. Les peintres qui ont décoré les salles du théâtre sont Ettore De Maria Bergler, Michele Corteggiani, Luigi Di Giovanni, Rocco Lentini, Giuseppe Enea et Enrico Cavallaro, tandis que Giuseppe Sciuti a représenté le cortège du couronnement de Roger II comme décoration du grand rideau d'avant-scène.

Au cours de ses premières décennies d'activité, le théâtre fut confié à des entreprises privées, qui changeaient souvent d'année en année, et cela jusqu'en 1935, date à laquelle il fut constitué en Ente Teatrale Autonomo (Entreprise théâtrale autonome) par un décret du ministre de la Culture populaire. À partir de l'année suivante, il prit le nom officiel d'Ente Autonomo Teatro Massimo di Palermo (Entreprise autonome Teatro Massimo de Palerme). En 1974, le théâtre fut fermé pour des travaux de rénovation qui durèrent jusqu'au 12 mai 1997, date de sa réouverture avec un concert dirigé en première partie par Franco Mannino et en seconde partie par Claudio Abbado avec les Berliner Philharmoniker.

Source du texte : traduction du texte de présentation historique du Teatro Massimo de Palerme.

Caractéristiques architecturales

L'architecte Georges Tubeuf, dans son Traité d'architecture théorique et pratique (1890-1898), nous livre d'intéressants détails sur les caractéristiques techniques de la construction. Le théâtre est en cours d'achèvement lorsqu'il compose son étude.
" Un théâtre italien fort remarquable et non encore complètement terminé est le théâtre Massimo de Palerme. Le projet en fut exécuté par J.-B.-P. Basile, né en 1825, à Palerme, et mort en 1892. 

Un concours international fut ouvert par la municipalité en 1864. Basile remporta le prix sur les trente-cinq concurrents, italiens et étrangers. Ce n’est qu’en 1875 que les travaux furent commencés ; mais, à cause des difficultés survenues entre la municipalité et la société de construction, les travaux furent suspendus pour n’être repris qu’en 1890. Peu après cette année, au moment où l’on exécutait la couverture, Basile mourait, et la municipalité chargeait son fils Ernest, architecte et professeur à l’Ecole d’application à Borne, de l’achèvement des travaux. 

Pendant les débuts de cette construction, son auteur fut l’objet des critiques les plus acerbes, il fut même privé de la direction des travaux. Le Collège des ingénieurs et architectes se leva pourtant et prit la défense des droits de Basile ; cette réaction obtint le plus éclatant succès, et il fut de nouveau chargé de la direction de ces travaux. 

Il est certain qu’un monument, comme le théâtre Massimo de Palerme, ne peut pas être sans défaut ; on trouve peut-être, en étudiant le plan, à faire quelques réserves; mais il est incontestable, qu’il s’agit d’un ouvrage de premier ordre, mouvementé avec goût, pourvu de toutes les commodités, trop riche peut-être, excessivement dispendieux par l’épaisseur des murailles et par le développement de la scène, mais digne d’un architecte éminent. 

À l’extérieur, l’effet est d’une grandiosité et d’une beauté exceptionnelles. Avec sa pierre colorée d’un ton foncé de sépia qui a des reflets d’or, l’édifice est admirablement exécuté, étudié dans ses moindres détails ; partout, et particulièrement dans ce superbe portique hexastyle avec ses colonnes élégantes, ses chapiteaux dans le goût du corinthien de Tivoli (Tibur), de Cori, de Solunto, de Lilibée, le théâtre Massimo occupe, à Palerme, la place qu’ont, à Paris et à Vienne, l’Opéra et le Burgtheater.

Voici quels en sont les points les plus remarquables : 

Le proscenium : l’espace sous l’arc harmonique, au lieu d’être considéré comme une partie de la scène, est réservé à l’orchestre, et son plancher peut être élevé ou abaissé ; de cette manière, on a l’avantage de pouvoir augmenter l’aire du parterre ou platea, et cet autre, que les loges de l’arc harmonique ou de l’avant-scène ne font plus corps avec la scène et n’offrent pas ainsi des vides précisément dans la région d’où doit partir la voix.

L’innovation est importante. Disons, à propos de la scène, qu’elle mesure trois fois la hauteur du proscenium, soit dans le sens de la hauteur, soit dans celui de la largeur, d'où il résulte que les décors peuvent être levés ou abaissés entièrement sans être repliés ; en outre, un corridor fait le tour de la scène pour desservir les accessoires, et la scène peut être prolongée, en cas extraordinaire, jusqu’à la dernière muraille de l’édifice, rendue d’autant plus vaste qu’elle n’a pas de pilastres et qu’elle est entièrement en fer. 


La salle contient cinq rangs de loges outre le loggione ; chaque étage compte trente et une loges, en dehors de celles qui contiennent les postes et la loge royale ; les loges sont pourvues d’une petite antichambre et les antichambres peuvent communiquer. Chaque rang de loges a des locaux séparés pour les hommes et pour les dames, destinés à la toilette ; et il y a un local très vaste pour l’atelier de peinture des décors. 

Ce local se trouve au-dessus de la salle, d’où l’on fait descendre les décors au moyen d’une communication immédiate qui se trouve au-dessus du proscenium. Ajoutons encore que le théâtre de Palerme, qui peut servir non seulement aux spectacles nocturnes, mais aussi aux représentations diurnes, car la voûte est composée de plusieurs secteurs mobiles, avec les accessoires tels que le casino, le café, la brasserie, l’école de danse, devrait donner un revenu considérable à la municipalité, comme la galerie Victor-Emmanuel, à Milan ; et, avec la salle des Pas-Perdus, indépendante du reste de l’édifice au moyen de deux grands escaliers contigus, il offre une salle exceptionnellement belle pour les concerts, académies, etc. 

En examinant le plan, on remarque l’abondance des entrées ; les principales se trouvent sous les portiques ; les autres, pour les piétons, sur les côtés, car les voitures doivent traverser les deux vestibules circulaires, à droite et à gauche, qui communiquent entre eux, au moyen d’une rue. 

Quant à l’éclairage, le théâtre Massimo aura l’électricité ; pour l’éclairage naturel, on sait que la voûte s’ouvre en plusieurs secteurs ; les autres locaux, le théâtre étant isolé et très mouvementé dans son périmètre, en sont abondamment pourvus. 

En ce qui concerne l’incombustibilité, après les désastres inoubliables de ces dernières années, on ne pourrait plus construire un théâtre où cette précaution ne fût pas prise ; dans celui de Palerme, on a construit en pierre, en brique ou en fer, toutes les membrures verticales et horizontales. 

Le théâtre Massimo aura aussi son rideau de sûreté en tôle pleine pour clore absolument toute communication, en cas de danger, entre la scène et la salle ; tandis que celle-ci, avec ses neuf sorties et les dix-huit escaliers répartis dans l’édifice, peut se vider en un instant. En outre, sur plusieurs points du théâtre, se trouvent des réservoirs d’eau, et sur la ligne qui sépare la scène de la salle, deux puits alimentent un grand réservoir en métal qui fait le tour de la scène dans le haut et, outre le service des toits, fournit l’eau à des caisses placées au niveau du proscenium. 

Il est assez difficile de prévoir le prix d’une pareille construction ; tout ce qu’on peut dire, c’est qu’il sera probablement élevé, tout comme il a coûté des études sérieuses et profondes à G. Basile qui revit avec ses goûts artistiques, dans ce théâtre Massimo, honneur de l’architecture moderne en Italie. "

Un dessin du théâtre par son architecte G. Basile


Ce dessin fut publié par l'hebdomadaire L'illustrazione popolare du 6 avril 1890, alors qu'on croyait encore que le théâtre serait fin prêt pour l'exposition de 1891. Voici la traduction du texte qui accompagnait le dessin : 

" Palerme a ouvert un concours international en 1864 et, parmi les trente-cinq projets présentés par des architectes italiens et étrangers, c'est celui de l'architecte sicilien G. B. F. Basile qui est retenu, en partie parce qu'il est le seul à offrir un aspect monumental. Ce qui préoccupe le plus l'architecte, c'est la scène et la salle des spectateurs. La scène se révèle, à l'extérieur, dans la construction rectangulaire à l'arrière du bâtiment ; la salle du public dans la construction ronde qui la précède. Autour de ces deux pièces principales s'articule, sur tous les côtés, une série de constructions plus petites, qui constituent les accessoires.

La forme décorative choisie par l'architecte est l'ancienne forme italique corinthienne, avec ses chapiteaux floraux vagues et saillants. L'ouvrage est exécuté en pierre de Solunto, une belle pierre d'une chaude couleur dorée. Seuls les chapiteaux et les bases des colonnes, les bandeaux du fronton du portique et quelques autres parties sont en pierre blanche de Cinisi. "

La monachella

On a pu lire que trois monastères avaient été détruits pour faire place à la construction de l'opéra. On raconte qu'au cours des travaux de déblaiement, la tombe d'une religieuse fut involontairement profanée. Cette intrusion ne fut pas du goût de l'esprit de la défunte qui pour se venger jeta une malédiction sur l'opéra. Des accidents sans nombre se produisirent pendant la construction, qui a duré 23 ans. Le théâtre fut fermé pendant 23 ans encore à la fin du 20ème siècle.  Le fantôme de la petite moniale hante les coulisses et le sous-sol de l'opéra et joue de méchants tours aux chanteurs ou aux spectateurs, spécialement à ceux qui ne croient pas en elle. Ainsi verrait-on fréquemment des personnes qui trébuchent sur la première marche du grand escalier, que l'on a baptisé " il gradino della suora "(la marche de la soeur). Et si un chanteur ou une chanteuse croisent la monachella avant d'entrer en scène, il se peut qu'ils en perdent la voix. 

Crédit des photos couleurs  © Rosellina Garbo

samedi 17 février 2024

19 février 1890 — Décès du comte Gyula Andrássy. Un article de l'Illustrazione popolare.

Le comte Gyula Andrássy de Csik-Szentkirály et Krasznahorka
né le  à Oláhpatak en Haute-Hongrie 
et mort le 18 février 1890 à Volosca près d'Abbazia sur le Littoral autrichien
Un dessin dans L'Illustrazione popolare

" Le 19 février [1890], ce brillant homme d'État s'est éteint à Rijeka, - le plus grand homme d'État dont la Hongrie puisse s'enorgueillir ; — l'auteur de l'actuelle Triple Alliance.

Julius Andrassy est né le 8 mars 1823 dans une famille de la plus haute noblesse hongroise, ce qui fait qu'il n'avait que 67 ans. Il fut l'un des partisans les plus actifs de l'indépendance hongroise. En 1848, il s'est battu pour son propre pays, pour l'autonomie et la liberté hongroises, lorsque le très populaire piété Sandor Petöfi a soulevé le peuple avec des vers impétueux, et il s'est battu lui-même pour cela. Lorsque les Autrichiens reprennent le pouvoir en Hongrie, Andrassy s'enfuit à Paris, tandis qu'en 1850, l'Autriche le condamne à mort et le fait pendre en effigie. En 1860, un décret d'amnistie générale lui permet de rentrer dans son pays ; il retrouve alors les droits nobiliaires qui lui avaient été retirés. Il est élu membre de la Diète en 1861, et en 1866, il est élu vice-président de la Chambre des députés hongroise, et président du Conseil pour les affaires communes de l'Empire austro-hongrois. Puis, en 1867, il est choisi comme président du ministère hongrois ; dès lors, sa grande assiduité et son influence permettent d'accroître l'autonomie et les garanties de la Hongrie. En novembre 1871, il prend le portefeuille des affaires étrangères au sein du ministère commun austro-hongrois.

En 1878, il intervient au Congrès de Berlin et obtient pour l'Autriche des avantages considérables et l'occupation de la Bosnie-Herzégovine. En septembre 1879, le baron De Heymerle lui succède. À partir de cette année-là, il ne participe plus au gouvernement, mais siège à la Diète pour défendre les intérêts de l'empire. Depuis quelque temps, tourmenté par un cancer, il s'était retiré de la politique militante.

À Vienne, devant la Chambre, le président, annonçant la mort d'Andrassy, a souligné ses mérites extraordinaires envers l'empereur et la monarchie, notamment pour son rôle dans la conclusion de l'alliance austro-allemande. La Chambre a exprimé ses condoléances  en se levant. "

in L'Illustrazione popolare du 2 mars 1890 (texte traduit de l'italien)

vendredi 16 février 2024

Mittenwald — 18 Bilder Buckelwiesen 16.02.24 / 18 photos des prairies bosselées

 




















© Luc-Henri Roger



Die Hochzeit im Kaiserhausen / Le mariage dans la maison impériale— Das interessante Blatt, 31. Juli 1890.

 


[FR] François-Salvator de Habsbourg-Lorraine,  (1866-1939), archiduc d'Autriche et prince de Toscane. François-Salvator, fils cadet de l'archiduc Charles-Salvator et de Marie-Immaculée des Deux-Siciles, il est le petit-fils de l'ex-grand-duc Léopold II de Toscane.
Marie Valérie Mathilde Amélie de Habsbourg-Lorraine, archiduchesse d'Autriche, princesse de Hongrie et de Bohême, par mariage princesse de Toscane (1868-1924), fille cadette de François-Joseph Ier, empereur d'Autriche et roi de Hongrie et de son épouse, Élisabeth de Wittelsbach.

Les jeunes mariés et leurs parents. La toilette de la mariée d'après une photographie prise dans le Salon Francine. 

[DE] Franz Salvator von Habsburg-Lothringen, (1866-1939), Erzherzog von Österreich und Prinz der Toskana. Franz Salvator, jüngster Sohn von Erzherzog Karl Salvator und Maria Immaculata beider Sizilien, er ist der Enkel des ehemaligen Großherzogs Leopold II. von Toskana.
Marie Valerie Mathilde Amélie von Habsburg-Lothringen, Erzherzogin von Österreich, Prinzessin von Ungarn und Böhmen, durch Heirat Prinzessin der Toskana (1868-1924), jüngste Tochter von Franz Joseph I., Kaiser von Österreich und König von Ungarn, und seiner Frau Elisabeth von Wittelsbach.

Die Brauttoilette der Erzherzogin nach einer Photographie, welche im Salon Francine ausgenommen wurde.

mercredi 14 février 2024

Le corps comme objet de provocation artistique — Rétrospective FLATZ à la Pinakothek der Moderne de Munich

FLATZ, autoportrait au marteau
Photo Andreas Struck© FLATZ foundation

SOMETHING WRONG WITH PHYSICAL SCULPTURE

À PROPOS DE L'EXPOSITION

    L'artiste actionniste, sculpteur, scénographe, musicien et poète FLATZ est l'une des personnalités artistiques contemporaines les plus intransigeantes. Une exposition rétrospective à la Pinakothek der Moderne se concentre sur le sujet central de son œuvre : le corps.
    Les performances, sculptures et installations spatiales multimédias de FLATZ (né en 1952) sont radicales et conçues pour provoquer. L'artiste utilise souvent son propre corps, notamment pour exprimer la vulnérabilité humaine et contrecarrer l'indifférence du grand public.
    En 1979, FLATZ, alors âgé de 27 ans, a posé nu comme une cible de fléchettes vivante. Les spectateurs étaient autorisés à lui lancer des fléchettes, avec la perspective d'un prix en espèces de 500 marks en cas de succès. Le onzième lancer de fléchettes effectué par un spectateur a touché et blessé l'artiste ; le spectacle a alors pris fin. Le soir du Nouvel An 1990/91, FLATZ s'est fait suspendre à l'envers entre deux plaques d'acier à Tbilissi, en Géorgie, où il a été balancé comme le battant d'une cloche et a frappé le métal bruyamment, et cela pendant cinq minutes, jusqu'à ce qu'il tombe inconscient. La valse "Le Danube bleu" de Johann Strauss, qui a duré deux fois plus longtemps, a ensuite été dansée par un couple en tenue de fête. 
    L'artiste d'origine autrichienne s'est fait connaître du public artistique international en 1992 avec son installation "Bodycheck" pour la neuvième édition de la Documenta à Kassel. L'œuvre se compose de 90 sacs de frappe noirs suspendus au plafond, chacun correspondant au poids du corps de l'artiste. Pour traverser la salle, les visiteurs de la Documenta devaient se frayer un chemin entre les sacs avec une certaine difficulté. FLATZ a appelé cela des "sculptures physiques", comme un certain nombre de ses autres œuvres. Ses "sculptures physiques" évoquent une interaction directe entre l'œuvre et le spectateur — physiquement ou psychologiquement.
    Avec une sélection d'œuvres datant de la fin des années 1970 à nos jours, l'exposition est consacrée à la conception radicale du corps de FLATZ qui, d'une manière indéniable, s'adresse également de manière répétée au sensible et au fragile.
    Cet aspect est explicitement mentionné dans un autoportrait réalisé en 1997, dont le titre "Something Wrong with Physical Sculpture" est également le nom de l'exposition.

Commissaire de l'exposition : Bernhart Schwenk

Source du texte : traduction du texte de présentation en allemand de la Pinakothek der Moderne

L'exposition peut se visiter jusqu'au 5 mai 2024.

Reportage photographique



















Photos prises par Luc-Henri Roger

Météo littéraire. Le temps des saints grêleurs, geleurs et gâteurs de bourgeons : les Cavaliers du froid.

Saint Marc (Άγιος Μάρκος) Dans le Tiers Livre de Pantagruel , Rabelais évoquait le personnage de Tinteville, évêque d’Auxerre : " Le no...